JOÃO CABRAL DE MELO NETO
Nato nel 1920 a Recife. Dopo un'infanzia contadina negli engenhos zuccherieri del Pernambuco e studi con i frati maristi, lo troviamo nel 1942 a Rio dove, nel 1945, entra in diplomazia.
Delle esperienze itineranti del diplomático, Spagna, Francia, Inghilterra, Svizzera, Ecuador, Paraguay, Senegal, Portogallo, Io segnerà specialmente il reiterato soggiorno spagnolo. E la Spagna, con una Andalusia di bianchi muri calcinati e di città costruite per 1'uomo, diverrà non solo motivo ricorrente della sua poesia, ma metro esistenziale, pietra di raffronto di ogni altra esperienza. Sara 1'omologo privilegiato della nativa Pernambuco: coi suoi ossuti caboclos nordestini assimilati ai bruni andalusi vestiti da una città come Siviglia, costruita « a misura del corpo piccolo e minuto ».
EM PORTUGUÊS / IN ITALIANO
De
João Cabral de Melo Neto
Museo di tutto
a cura di Adelina Aletti
Milano: Libri Scheiwiller, 1990. 168 p.
Edição limitada, com apoio da Fund. Vitae, INL
e Ministério da Cultura do Brasil.
O museu De tudo
Este museu De tudo é museu
como qualquer outro reunido;
como museu, tanto pode ser
caixão de lixo ou arquivo.
Assim, não chega ao vertebrado
que deve entranhar qualquer livro:
é depósito do que aí está,
se fez sem risca ou risco.
II museo di tutto
Questo museo di tutto è un museo
come qualunque altro assemblato;
come museo, può essere tanto
pattumiera come archivio.
Non possiede dunque l'ossatura
che deve scheletrare ogni libro:
è deposito di quanto vi sta,
fatio senza righello o squadra.
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Psicologia da composição
I.
Saio de meu poema
como quem lava as mãos.
Algumas conchas tornaram-se,
que o sol da atenção
cristalizou; alguma palavra
que desabrochei, como a um pássaro.
Talvez alguma concha
dessas (ou pássaro) lembre,
côncava, o corpo do gesto
extinto que o ar já preencheu;
talvez, como a camisa
vazia, que despi.
II.
Esta folha branca
me proscreve o sonho,
me incita ao verso
nítido e preciso.
Eu me refugio
nesta praia pura
onde nada existe
em que a noite pouse.
Como não ha noite
essa toda fonte;
orno não há fonte
cessa toda fuga;
orno não há fuga
fada lembra o fluir
lê meu tempo, ao vento
me nele sopra o tempo.
III.
Neste papel
pode teu sal
virar cinza;
pode o limão
virar pedra;
o sol da pele,
o trigo do corpo
virar cinza
(Teme, por isso,
a jovem manhã
sobre as flores
da véspera).
Neste papel
logo fenecem
as roxas, mornas
flores morais;
todas as fluidas
flores da pressa;
todas as úmidas
flores do sonho.
(Espera, por isso,
que a jovem manhã
te venha revelar
as flores da véspera).
IV.
O poema, com seus cavalos,
quer explodir
teu tempo claro; romper
seu branco fio, seu cimento
mudo e fresco.
(O descuido ficara aberto
de par em par;
um sonho passou, deixando
fiapos, logo árvores instantâneas
coagulando a preguiça).
V.
Vivo com certas palavras,
abelhas domésticas.
Do dia aberto
(branço guarda-sol)
esses lúcidos fusos retiram
fio de mel
(do dia que abriu
também como flor)
que na noite
(poço onde vai tombar
a aérea flor)
persistirá: louro
sabor, e ácido,
contra o açúcar do pobre.
VI.
Não a forma encontrada
como uma concha, perdida
nos frouxos areais
como cabelos;
não a forma obtida
em lance santo ou raro,
tiro nas lebres de vidro
do invisível;
mas a forma atingida
como a ponta do novelo
que a atenção, lenta,
desenrola,
aranha; como o mais extremo
desse fio frágil, que se rompe
ao peso, sempre, das mãos
enormes.
VIL
É mineral o papel
onde escrever
o verso; o verso
que é possível não fazer.
São minerais
as flores e as plantas,
as frutas, os bichos
quando em estado de palavra.
É mineral
a linha do horizonte,
nossos nomes, essas coisas
feitas de palavras.
É mineral, por fim,
qualquer livro:
que é mineral a palavra
escrita, a fria natureza
da palavra escrita.
VIII.
Cultivar o deserto
como um pomar às avessas.
(A árvore destila
a terra, gota a gota;
a terra completa
cai, fruto!
Enquanto na ordem
de outro pomar
a atenção destila
palavras maduras).
Cultivar o deserto
como um pomar às avessas:
então, nada mais
destila; evapora;
onde foi maçã
resta uma fome;
onde foi palavra
(potros ou touros
contidos) resta a severa
forma do vazio.
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Psicologia delia composizíone
I.
Esco dalla mia poesia
come chi si lava le mani.
Talune sono diventate conchíglie,
che il sole dell'attenzione
ha cristallizzato; qualche parola
che io ho liberato, come un uccello.
Forse una conchiglia
di quelle (o uccello) ricorda,
concava, il corpo del gesto
estinto che l'aria ha colmato;
forse, come la camicia
vuota, che ho smesso.
II.
Questa pagina bianca
mi preclude il sogno,
mi incita ai verso
nítido e preciso.
Io mi rifugio
su questa spiaggia pura
dove nulla esiste
su cui la notte posi.
Siccome non c'è notte
cessa ogni fonte;
siccome non c'è fonte
cessa ogni fuga;
III.
Su questo foglio
può il tuo sale
divenire cenere;
può il limone
divenire pietra;
il sole della pelle,
il grano del corpo
divenire cenere
siccome non c'è fuga
nulla rammenta il fluire
dei mio tempo, al vento
che vi soffia il tempo.
(Teme, perciò,
il giovane mattino
sopra i fiori
della vigília).
Su questo foglio
già avvizziscono
i violacei, tiepidi
fiori morali;
tutti i fluidi
fiori della premura;
tutti gli umidi
fiori del sogno.
(Attendi, perciò,
che il giovane mattino
ti venga a rivelare
i fiori della vigília).
IV.
La poesia, con i suoi cavalli,
vuole far esplodere
il tuo tempo chiaro; rompere
il suo filo bianco, il suo cemento
muto e fresco.
(È palese l'incuria
apertamente;
un sogno è passato, lasciando
filacce, e già alberi istantanei
coagulavano la pigrizia).
V.
Vivo con certe parole,
api domestiche.
Dal giorno aperto
(bianco parasole)
quei lucidi fusi ritirano
il filo di miele
(dal giorno che si è schiuso
anch'esso come un fiore)
che nella notte
(pozzo dove cadrà
1'aereo fiore)
resisterà: biondo
sapore, e acido,
contro lo zucchero del povero.
VI.
Non la forma ritrovata
come una conchiglia, perduta
su molli arenili
come capelli;
non la forma ottenuta
con ímpeto santo o raro,
sparo sulle lepri di vetro
dell'invisibile;
ma la forma raggiunta
come il capo delia matassa
che l'attenzione, lenta,
dipana,
ragno; come il piü estremo
di quel fragile filo, che si rompe
sotto il peso, sempre, delle mani
enormi.
VII.
È minerale la carta
dove scrivere
il verso; il verso
che si può non fare.
Sono minerali
i fiori e le plante,
le frutta, gli animali
quando in stato di parola.
È minerale
la linea dell'orizzonte,
i nostri nomi, quelle cose
fatte di parole.
È minerale, infine,
qualsiasi libro:
poiché minerale è la parola
scritta, la fredda natura
della parola scritta.
VIII.
Coltivare il deserto
come un pometo a rovescio.
(L'albero distilla
la terra, goccia a goccia;
la terra completa
cade, frutto!
Mentre nel filare
di un altro pometo
l'attenzione distilla
parole mature).
Coltivare il deserto
come un pometo a rovescio:
allora, nulla più
distilla; evapora;
dove era mela
resta una fame;
dove era parola
(puledri o tori
trattenuti) resta la severa
forma del vuoto.
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Textos extraídos de
CHIOCCHIO, Anton Angelo. Poesia post-modernista in Brasile. Roma: dell´Arco, s.d. 40 p. ilus. 12x17,5 cm. “ Anton Angelo Chiocchio “ Ex. bibl. Antonio Miranda
IL VIAGGIO
Chi è costui che cammina
Tutta la mattina con tristezza
Dentro i miei panni, perduto
Al di là del sogno e della via?
I miei panni che si gonfiano
Come se recassero nelle tasche
Dolci geografie, pensieri
Al di là del sogno e della via?
Qualcuno in ogni momento
Viene a morire nel vasto orizzonte
Della mia stanza, ove questo qualcuno
È vento, vascello, continente.
Qualcuno mi dice durante la notte
Cose con voce che non odo.
— Parliamo di viaggi, io suggerisco.
E qualcuno mi parla di viaggi.
NOTTURNO
Il mare soffiava campane,
Le campane seccavano i fiori,
I fiori erano teste di santi.
La mia memoria piena di parole,
I miei pensieri che cercano fantasmi,
I miei incubi arretrati di molte notti.
Al´alba i miei puri pensieri
Volarono come telegrammi
E nelle finestre accese tutta la notte
Il ritratto della mortaFece sforzi disperati di fuggire.
POESIA
Oh giardini infuriati,
Pensieri, parole, sortilegio,
Sotto una luna contemplata;
Giardini della mia assenza
Immensa e vegetale;
Oh giardini di un cielo
Viziosamente frequentato;
Dov´è il più grande mistero
Del sole, della luce, della salute?
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