FERNANDO MENDES VIANNA 
                                              Luis Fernando de Sá Mendes Vianna n. a Rio de Janeiro, Il 9 febbraio 1933.  Poeta e saggista. Há studiato a Portogallo, Svizzera e Spagna. Laureato in  Giurisprudenza, há lavorato presso Il Senato Federal e Brassiliano fino a alla  pensione.                        
                      [POETI  BRASILIANI CONTEMPORANEI a cura di Silvio Castro, traduzioni  i Giampaolo Tonini.  Venezia: Centro Internzionale della Grafica di  Venezia, 1997.  (Quaterni Internazionali di Poesia – 1) Opera pubblicata  con contributo del Ministério da Cultaura do Brasil / Fundação Biblioteca  Nacional / Departamento 
                        Nacional do Livro. 
                     
                          EN ITALIANO   /   EM PORTUGUÊS 
                    
                        Il rosso 
                               
                          Rosso, rosso vivera. 
                            Così rosso, scrivera. 
                             
                            Quando scriveva, sanguinava. 
                            Sangue dell´anima si sentiva. 
                             
                            Pur se com gioia cantava 
                            Il sangue dell´anima gridava. 
                             
                            Pur se con gioia cantava 
                            Il sangue dell´anima gridava. 
                            Rosso, come scriveva, 
                            piangeva, amava, rideva. 
                             
                            Quando scriveva, sanguinava, 
                            Il sangue sul foglio si seccava: 
                            ma il colore non sbiadiva... 
                             
                             
                          Murale di mare 
                           
                            I 
                            Il mare è il mio orologio 
                            sorridente. I mare sorride. Anche se in crisi 
                                     il  maré sorride. 
                            Anche se trafitto da Mille pesci spada, 
                                     continua  il suo noto, 
                                     sorride  emostra i suoi denti. 
                            Nonostante l´assedio del cielo sempre in scena, 
                                     è  la mia avena, 
                                     è  la mia speranza, 
                                     è  la mia lógica. 
                            Il mare sono io, bambino. 
                             
                            II 
                            Il mare è la mia fronda. 
                             
                            III 
                            Il mare è um ucello le cui piume son le mie pen(n)e, 
                                     Le  sue spume sono il mio crine. 
                                     Il  maré è Il mio ucello-corsiero. 
                                     Talvolta  è um ucello crudele. 
                        IV 
                          Il maré non conosce il fiele. 
                          Il maré há il suo centro 
                                   —  come Dio — 
                          in ogni luogo. 
                          Il maré è un fantastico carosello. 
                          Il circolo del mare è l´unico circolo saggio: 
                          dentro. 
                           
                          V 
                          Il maré há sulle labbra incantatori eloqui. 
                                   Il  mare è squassato 
                                   da  desideri 
                                   ma  non si spezza mai in nessuna parte. 
                          Il mare parte sempre, vive andando, 
                                   partiendo, 
                                   alzando  le spalle e fischiando. 
                          Il mare non s´avvelena mai. 
                          Il mare è un eterno ingenuo, 
                                   vive  di stupori, 
                                   crede  in un´eterna primavera 
                                   là  a Citera. 
                          Quando lo provoca il vento stenuo, 
                          il mare rabbrividisce ma non s´intimorisce, 
                          e sospira sppena un lamento sulla cetra. 
                          Il mare è buono, benché furia. 
                           
                          VI 
                        Il mare  torna sempre alle sue mansuetudini. 
                          I palazzi della pace, ecco le sue mansioni. 
                          Soffitti di silenzio, colonne di solitudini. 
                          Il mare è un imperatore mirifico. 
                         
                          VII 
                          Anche se a fatica, 
                          il maré torna sempre in se. 
                          Quando è nauseato, vomita 
                          Il manato che gli há intasato 
                                   la  glottide 
                          — sai maremoto o sputo, 
                          sai pattume o sai um pennuto. 
                           
                           
                          VIII 
                          Nel maré non restano cicatrici. 
                           
                           
                          IX 
                          Chiglie che lo tagliano, 
                          macchie d´olio che avviliscono 
                                   i  suoi fondosi rami, 
                                   odori  di lardo e di aglio 
                                   nelle  cucine del porto, 
                                   niente  perturba la sua pace, 
                                   niente  turba Il suo vasto liquore. 
                          Niente nel mare persiste, 
                                   nel  mare non resta nemmeno una spina 
                                                                                            niente 
                                                                                            —  ma próprio 
                                                                                                     niente  — 
                                                                                                              dolore 
                           
                          X 
                          Con fischi o senza fischi, 
                          il mare as quando uscire di scena. 
                          Si curva davanti alla spiaggia 
                                                                e  fa cenno. 
                           
                          La Mer è uma grande attrice. 
                           
                          XI 
                          Il maré como Il tempo, non si ferma mai. 
                          Non cadê nelle trappole 
                          delle sirene, non resta nelle isole: 
                          con forza le addenta, mangia 
                          la loro dolce carne, e se ne va, 
                          sepre se ne va via, 
                          (quelche volta, indugia). 
                           
                          XII 
                          Benché sembri che nei porti 
                          il forte sangue del mar perda vigore 
                          il mare non smorza Ii suo canto, 
                          mai rinegga la marítima attitudine. 
                          Da ogni porto, Il maré sempre si trae, 
                          il mare, La terra non l´illude. 
                          (Benché annidi in essaqualque sargasso. 
                           
                           
                          XIII 
                          Il mare dalle coste sempre s´allontana, 
                          sempre alla terra volta le spalle. 
                          Sai la terra applauso o sai fischio 
                          il mare sempre torna al mare. 
                           
                           
                            Un quotidiano 
                               
                              Tedio, voglia e morte, 
                              e il cuore enorme 
                              carne da macello. 
                              Il cuore senza angeli, 
                              senza fughe, senza Sport, 
                              cuore di rughe. 
                              Il cuore alla pioggia, senza parapioggia. 
                              Il cuore in cabatte, giallo, 
                              giallo, focolaio com epatite. 
                              E l´appetito, e l´appetito 
                              enorme, enorme senza fame. 
                               
                              E le finestre aperte di giorno, 
                              e le porte chiuse di notte. 
                               
                              Vivimo, cuore, viviamo, 
                              cuore, insomma, sei cuore! 
                              Alzati, lavati i denti, saluta, 
                              abraccia, separa, caccia, inganna, 
                              aiuta il passante, dà un´elemosina, 
                              il mendico chiede, la vecchia piange, 
                              hai madre, figlio, fratello, moglie, 
                              il tuo orologio, il tuo dover, la storia, 
                              è già ora, daí, cuore! 
                               
                              E il cuore senza angeli 
                              mette i pantaloni, mangia la minestra, 
                              abbracia e parte. 
                              E partito torna 
                              cittadino, padre e marito. 
                               
                              E la moglie lo aspetta, 
                              e il figlio, e la tavola, 
                              e il tello.  E il cuore di cera 
                              mangia la minestra, piange 
                              impreca, prega 
                              invoca la vita: 
                              “Vita, bacia 
                              per me, bacia 
                              il cálcio della mula 
                              e le mosche.” 
                              E la vita, muta. 
                               
                              E il libro attende,  
                              e la coscienza, e la lotta, 
                              non lottata, in lutto, 
                              in lattina. Merda! 
                              E la bevanda invoglia, 
                              invoglia, invoglia, 
                              e accende la vogila. 
                               
                              E bevi, e voli, e sputi 
                              e orini, cuore, negli angoli. 
                              E torni, e vomiti sul letto 
                              Il pane quotidiano. 
                             
                        Campo santo 
                               
                          In questo campo per niente bucólico 
                          in questo sterile latifondo 
                          di pietra, morte e marmo, 
                          in questo pavonesco santo 
                          campo di vanità e di ossa, 
                          inalbero, mio mare, la fiamma nera 
                          di pirata, e ttacco e abbatto 
                          i vistosi sepolcri imbiancati, 
                                   e  distruggo lapidi e mummie 
                                   risuscito.  Alzatevi, Lazzari! 
                                                                Siate  lussoriosi! 
                          Lasciate ogni orpello, vestite la pelle, 
                          e andarte nudi per la città, 
                          cul fuoco in corpo all´imbrunire. 
                          La vita è grande. La morte, 
                          sua sorella gemella, impregnatela! 
                          Ahi, da ogni parte um cimitero, 
                          in ogni angolo paura e grate. 
                          Da ogni parte presidi e carceri 
                          all´apperto! Libertà, liberta, 
                          liberta anche se tardi. 
                          
                       
                       
                      EM PORTUGUÊS  
                       
                       
                      O rubro 
                      Rubro, rubro  vivia. 
                        o mar Assim rubro, escrevia. 
   
                        Quando escrevia, sangrava. 
                        Sangue da alma se ouvia. 
   
                        Mesmo cantando alegria 
                        o sangue da alma gritava. 
                        Rubro, como escrevia, 
                        chorava, amava, ria. 
   
                        Quando escrevia, sangrava. 
                        O sangue na folha secava: 
                        mas a cor não se esvaía... 
   
   
                        Mural do mar 
                         
                          I 
                          O mar é meu relógio 
                          sorridente. O mar sorri. Até na crise 
           o  mar sorri. 
                          Até atravessado por mil peixes-espada, 
           continua  seu nado, 
           sorri  e mostra seu dente. 
                          Apesar do assédio do céu sempre em cena, 
           é  minha avena, 
           é  minha esperança, 
           é  minha lógica. 
                          O mar sou eu, criança. 
   
                          II 
                      O mar é  minha fronde. 
                             
                        III 
                        O mar é um pássaro cujas plumas são minhas penas. 
           Suas  espumas são minha crinas. 
           O  mar é meu pássaro cruel. 
   
                        IV 
                        O mar não conhece o fel. 
                        O mar tem seu centro 
           —  como Deus —  
                        em toda parte. 
                        O mar é um fantástico carrossel. 
                        O círculo do mar é o único círculo sábio: 
                        dentro. 
   
                        V 
                        O mar tem lábios de fascinante lábia. 
           O  mar se esquarteja 
           de  desejo, 
           porém  nunca se parte. 
                        O mar parte sempre, vive indo, 
           partindo, 
           dando  de ombros e assobiando. 
                        O mar nunca se envenena. 
                        O mar é um eterno ingênuo, 
           vive  de assombros, 
           acredita  numa eterna primavera 
           lá  na Citera. 
                        Quando o provoca o vento etrênuo, 
                        o mar estremece mas continua estreme, 
                        e apenas suspira um trenó em cítara. 
                        O mar é bom, embora fera. 
   
                        VI 
                      O mar sempre  regressa a suas mansidões. 
                        Os palácios da paz, eis suas mansões 
  — tetos de silêncio, colunas de solidões. 
                        O mar é um imperador mirífico. 
   
                        VII 
                        Mesmo cai-não-cai, 
                        o mar volta sempre a si. 
                        Quando se engulha, vomita 
                        o pulha que lhe entulha 
           o  goto 
  — seja maremoto ou perdigoto, 
                        seja lixo ou seja uma perdiz. 
   
                        VIII 
                        No mar nunca se grava cicatriz. 
   
                        IX 
                        Quilhas que o retalham, 
                        manchas de óleo que achincalham 
           seus  frondosos galhos, 
           cheiros  de gordura e de alho 
           nas  cozinhas do cais, 
           nada  perturba a sua paz, 
           nada  turba o seu vasto vinho. 
   Nada no mar se finca, 
           no  mar não fica um único espinho: 
                                                                              Nada  
                                                          —  nem um só 
                                                                    nada  — 
                                                                             dor. 
   
                        X 
                        Com vaia ou sem vaia< 
                        o mar sabe quando sair de cena. 
                        Curva-se ante a praia 
                              e  acena. 
  La Mer é uma grande atriz. 
   
                        XI 
                        O mar igual ao tempo, nunca pára. 
                        Não cai nas armadilhas 
                        das sereias, não fica nas ilhas: 
                        finca-lhes o dente, trinca 
                        sua doce carne, e vai-se, 
                        sempre vai-se embora 
                        (às vezes, com demora). 
   
                        XII 
                        Embora pareça que no cais 
                        o grande sangue do mar se esvai, 
                        o mar não adoça o alaúde, 
                        nunca renega a marítima atitude. 
                        De qualquer cais, o mar sempre se sai. 
                        Ao mar a terra não ilude. 
                        (Embora aninhe nela algum sargaço). 
   
                        XIII 
                        O mar das costas sempre sai, 
                        sempre à terra dá as costas. 
                        Seja a terra aplauso ou seja vaia, 
                        o mar sempre volta ao mar. 
                        
                      Um quotidiano 
                             
                        Tédio, tesão e morte, 
                        e o coração enorme 
                        carne de corte. 
                        O coração sem anjos, 
                        sem fugas, sem esporte< 
                        coração de rugas. 
                        O coração na chuva, sem guarda-chuva. 
                        O coração em chinelos, amarelo, 
                        amarelo, fogaréu com hepatite. 
                        E o apetite, e o apetite 
                        enorme, enorme sem fome. 
   
                        E as janelas abertas do dia, 
                        e as portas fechadas da noite. 
   
                        vamos ver, coração, vamos viver, 
                        coração, afinal, és coração! 
                        Levanta, limpa os dente, dá bom-dia, 
                        abraça, desenlaça, caça, faz trapaça, 
                        ajuda o transeunte, dá uma esmola, 
                        o mendigo pede, a velha chora, 
                        tens mãe, filho, irmão, mulher, 
                        teu relógio, teu dever, a história, 
                        está na hora, vamos coração! 
   
                        E o coração sem anjos 
                        veste a calça, toma a canja, 
                        abraça e parte. 
                        E partido volta, 
                        cidadão, pai e marido. 
   
                        E a mulher o espera, 
                        e o filho, e a mesa, 
                        e a cama. E o coração de cera 
                        toma a canja, chora 
                        pragueja, reza, 
                        invoca a vida: 
  “Vida, beija 
                        por mim, oscula 
                        o coice da mula 
                        e as moscas.” 
                        E a vida, muda. 
   
                        E o livro aguarda, 
                        e a consciência, e a luta 
                        não lutada, enlutada, 
                        enlatada, Merda! 
                        E a bebida chama, 
                        chama, chama, 
                        e incendeia o cio. 
   
                        E bebes, e voas, e cospes 
                        e urinas, coração, pelas esquinas. 
                        E voltas, e vomitas na cama 
                        o pão de cada dia. 
   
   
                        Campo santo 
                         
                          Neste campo nada bucólico 
                          neste estéril latifúndio 
                          de pedra, morte e mármore, 
                          neste empavonado santo 
                          campo de empáfia e ossos< 
                          arvoro meu mar, flâmula negra 
                          de pirata, e ataco e arraso 
                          os vistosos sepulcros caiados, 
           e  destruo campas e múmias 
           ressuscito.  Levantai-vos, Lázaros! 
                              Sede  luxuriantes! 
                          Despi o ouropel, vesti a pele, 
                          e andai nus pelas urbes, 
                          corpo em fogo ao fim da tarde. 
                          A vida é grande. A morte, 
                          sua irmã gêmea, empenhai-a! 
                          Ai, por toda parte um cemitério, 
                          em cada esquina medo e grades. 
                          Por toda parte um presídio 
                          ao ar livre! Liberdade, liberdade, 
                          liberdade ainda que tarde! 
                        
                      Página publicada em  dezembro de 2008 
                       
  |