CARLOS NEJAR
Carlos Nejar (Luiz Carlos Verzoni Nejar). N. a Porto Alegre, Rio Grande do Sul, l´11 gennaio 1939. Poeta e saggista. È laureato in Giurisprudenza, con corso di perfezionamento in Portogallo. Nel 1989 è stato eletto membro della ABL (Academia Brasileira de Letras).
TEXTOS EN ITALIANO - TEXTOS EM PORTUGUÊS
POETI BRASILIANI CONTEMPORANEI a cura di Silvio Castro, traduzioni i Giampaolo Tonini. Venezia: Centro Internzionale della Grafica di Venezia, 1997. (Quaterni Internazionali di Poesia – 1) Opera pubblicata con contributo del Ministério da Cultaura do Brasil / Fundação Biblioteca Nacional / Departamento
Nacional do Livro.
Cantico
Limerai la tua speranza
fin che la mla si consuerà;
anche senza mola, limarai
contro la sorte e la disperazione.
Fin che tutto ti sara
più doloroso e profondo.
Limerai senza mani o braccia,
con animo risoluto.
La genealogia della parola
La mia morte comincia a maturare e dopo la mangerò come una pêra, buttando via il torso e dopo verrà um seme com lo stesso nome che crescerà e maturerà. Ma non è più la mia morte — è solo sorpresa della terra — duscenza di una morte futura.
Poi le generazioni perdono di vista la loro morte che appare come um filo d´aqua tra le pietre, visibile a questo e a quel profeta.
Ma nulla scuoterà la specie: anche la vita è stata vista como un filo d´acqua tra le pietre. Solo che non era possibile distinguere i fili e le acque che conversavano tra di loro, senza preconcetti. E persino abitavano assieme, ogni tanto.
Dopol la mia morte maturerà di nuovo ma non sará della stessa natura. E imparerò a parlare con il mondo.
E il mondo maturerà come una pera e dopo verrà um seme con lo stesso nome. Ma allora, saro già eterno.
Contro la speranza
Bisogna sperare contra la speranza.
Sperare, amare, creare
contro la speranza
e poi disperare la speranza
ma sperare, fino a tanto che
un filo d´acqua, un remo,
pesci esistono e sopravvivono
in mezzo ai litigi;
fintanto che batte
la macchina da cucire
e il giorno ne esce
como un panciotto nuovo.
Bisogna sperare
un poco di vento,
un tocco di mattino.
E non si spera molto.
Solo un cortocircuito
nel ricordo. I capelli,
nidi di rondini
e piogge. La speranza,
cucciolo che corre
per i campi
e una piccola lepre
che la notte
invano nasconde.
L´universo è un tetto
con la sua grondaia, cosi basso
e le stelle, sciame
c´api sul colmo.
Bisogna sperare contro la speranza
ed esser la mano posata
sulla barra del suo timone.
E il petto della speranza
è non arrivare;
il suo volto è sempre più grande.
Bisogna disperare
la speranza
como di un secchio nel mare.
Um secchi di troppo
nella speranza
e su di noi.
I morti — lo li ho visti — in primavera.
I morti — lo li ho visti — in primavera.
Risorgevano daí corpi. Io li ho visti.
La primavera cominciava in loro
e terminava dove l´anima stava.
I morti — io li ho visti — andavano scalzi
in primavera, andavano liberi.
Niente divideva, niente separava
i piedi dalle cose vive.
I morti — lo li ho visti — non avevano volto
né nome. Erano molti.
Compatti aumentavano.
Erano molti e vivi. Li interrogai
su dove la primavera s´allungava.
I morti — io li ho visti —in primavera.
I sole raddoppiava in loro i frutti.
Io sole sentrava in lore. Erano larve.
I Cavalli
Il Cavalli avevano l´impeto delle nubi che s´impennano.
Venivano, in branco, nitrendo la será, presso gli olivi.
Bimbi, in festa, coi musi agitavano dalie. Erano eccitati,
amorevoli e le folte criniere urlavan vigore.
La palpebre amoré movevano. E talvolta, i cavalli
ridevano, mostrando i grossi denti. Si grattavano i fianchi com
la rozzezza di sediziose vespe.
Eterni quando saltano. O scagliano vortici d´aria
ebbri. Ogni galoppo É um uccello.
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INCONTRI CON LA POESIA DEL MONDO. ENCONTROS COM A POESIA DO MUNDO. Antologia poética bilíngue. Italiano – Português. Antologia poética bilíngue. A cura di Vera Lúcia de Oliveira; Paula de Paiva Limão. Perugia, Italia: Edizioni dell´Urogallo / CILBRA – Centro di Studi Comparati Italo-Luso-Brasiliani, 2016. 242 p. Em colaboração com o Programa de Pós-Graduação em Literatura, Universidade de Brasília. ISBN 978-88-97365-41-9 Ex. bibl. Antonio Miranda
Le poesie de Carlos Nejar sono state trado-te in italiano da
VERA LÚCIA DE OLIVEIRA
Sono arrugginiti
Sono arrugginiti
il ferro e la solitudine,
il giogo e la sua casa,
la paura e la lunga notte,
però il sogno no.
Sono arrugginiti
la morte e la sua faretra,
il coltello sotto la tana,
però, il braccio no:
quando si erge, taglia.
(dal libro O Campeador e o vento, 1966)
Quel che è dell'uomo
Quel che è dell'uomo
nessuno glielo toglie.
Il volto acuminato
dentro il gesto.
Nessuno glielo toglie.
Il gesto esatto
dentro la morte.
nella notte fonda
e la forza accesa
della sua lotta.
(dal libro 0 Campeador e o vento, 1966
Chiarore
Il rumore di esistere:
un cane
dentro di me.
Attraverso
come ad un cortile
il rumore di esistere.
(dal libro Arvore do mundo, 1977)
Saggezza
La nostra saggezza è quella dei fiumi.
Non ne abbiamo un'altra.
Persistere. Andare con i fiumi,
onda su onda.
I pesci incroceranno i nostri visi vuoti.
Intatti passeremo sotto la corrente
creata da noi e dalla nostra disperazione.
Passeremo limpidi.
E ci muoveremo,
fiume dentro fiume,
corpo dentro corpo
come antichi velieri.
(dal libro Arvore do mando, 1977)
Rituale
(A Fabricio)
Sapevi che i miei vestiti
conservavano l'epidermide
del mio sogno
ed erano li,
non viaggiavano con me,
erano lì,
custodi della primavera
nel cassetto
di un ritorno prodigo
al padre inconsolabile.
Sapevi, figliolo,
e conversavi a lungo
con i vestiti,
conversavi in tanti tramonti
con la mia lunga assenza.
C'era rumore in essi:
pesci in un acquario
di flanella e lino.
Un sotterraneo ritmo
li agitava.
Il mondo vegetale e animale
erano scarabocchi
nel mescolarsi
ozioso delle ombre.
Cosa cercavi
fra i vestiti:
un amore espulso,
la lacrima, l'istinto
di sopravvivermi ?
(dal libro Os Viventes, 1979)
La nube dei semi
Le mie poesie, lo so, saranno erranti,
come me, da vivo
e avranno volto, il certificato
di nascita, la levigata,
avventurosa gioventù
dei miei giorni felici.
E vivranno nella polvere, o fra
i cereali, che la mia gente coltiva,
nel cesto di nocciole, o con il pane
ardente e fresco. Accompagneranno
i solitari nella bisaccia
delle aurore, andranno con quelli
che si amano. Sudate
al lavoro, con il fabbro,
nel riposo della fabbrica,
o con la ragazza stesa
sull'erba, in mezzo
ai cinnamomi. Voglio
le mie poesie, insieme
a coloro che soffrono o tentano
di respirare la nuova vita
dell'uomo. Che siano sale
e non saranno calpestate.
Salvo se vitigni fossero,
uva nel torchio dei paesi.
Ma non voglio frontiere o pedaggi,
per il loro ingresso, fra
coloro che vivono. E portate
dallo spirito, liberate
siano nella parola.
E anche da me, che le ho rese
in scrittura. Poiché si sono
scritte con questo inchiostro
delle cose infinite.
E non entreranno nelle tiepide
biblioteche, se non saranno
vagliate con l'ardore
di chi le legga nel sentiero
segreto della scintilla,
o del pesce nell'acqua.
E parlino della mia intimità
con la nuvola dei semi.
E che mi sopravvivano.
(dal libro Os Viventes, 1979)
Di lungo corso
Para Elza
La mia anima riposa
nella tua anima,
dove la luce mai è
spenta:
nave di lungo
corso nelle acque.
Rotonda la luce e noi
ormeggiamo alla foce
con il fondo calmo.
In me ti animi
e amandoti, io animo.
(dal libro A espuma, do fogo, 2002)
TEXTOS EM PORTUGUÊS
Cântico
Limarás tua esperança
até que a mó se desgaste;
mesmo sem nó, limarás
contra a sorte e o desespero.
Até que tudo te seja
mais doloroso e profundo.
Limarás sem mãos ou braços,
como o coração resoluto.
Conhecerás a esperança,
após a morte de tudo.
A genealogia da palavra
Minha morte começa a madurecer e depois vou comê-la como uma pêra, largando o caroço fora e depois vai vir uma semente com o mesmo nome que vai crescer e amadurecer. Mas já não é minha morte — é surpresa da terra apenas — descendência de uma morte futura.
Depois as gerações perdem de vista a própria morte que aparece como um fio de água no meio das pedras, visível a um e outro profeta.
Mas nada abalará a espécie: a vida também foi vista como um fio de água no meio das pedras. Só que não se podia distinguir os fios e as águas que conversavam entre si, sem preconceito. E até moravam junto, vez e outra.
Depois minha morte vai amadurecer de novo mas não será da mesma natureza. E aprenderei a falar com o mundo.
E o mundo vai amadurecer como uma pêra e depois vai vir uma semente com o mesmo nome. Porém, já serei eterno.
Contra a esperança
É preciso esperar contra a esperança.
Esperar, amar, criar
contra a esperança
e depois desesperar a esperança
mas esperar, enquanto
um fio de água, um remo,
peixes existem e sobrevivem
no meio de litígios;
enquanto bater
a máquina de coser
e o dia dali sair
como um colete novo.
É preciso esperar
por um pouco de vento,
um toque de manhãs.
E não se espera muito.
Só um curto-circuito
na lembrança. Os cabelos,
ninhos de andorinhas
e chuvas. A esperança,
cachorro a correr
sobre o campo
e uma pequena lebre
que a noite
em vão esconde.
O universo é um telhado
com sua calha, tão baixo
e as estrelas, enxame
de abelhas na ponta.
É preciso esperar contra a esperança
e ser a mão pousada
no leme de sua lança.
E o peito da esperança
é não chegar;
seu rosto é sempre mais.
É preciso desesperar
a esperança
como um balde no mar.
Um balde a mais
na esperança
e sobre nós.
Os mortos — eu os vi — na primavera
Os mortos — eu os vi — na primavera.
Ressurgiram dos corpos. Eu os vi.
A primavera começava neles
e terminava onde a alma estava.
Os mortos — eu os vi — iam descalços
na primavera, iam libertos.
Nada tolhia, nada separava
os pés das coisas vivas.
Os mortos — eu os vi — não tinham rosto
nem nome. Eram muitos.
Num só se acrescentavam.
Eram muitos e vivos. Perguntei-lhes
por onde a primavera se alongava.
Os mortos — eu os vi — na primavera.
O sol dobrava neles os seus frutos.
O sol entrava neles. Eram larvas.
Os cavalos
Os cavalos tinham o ardor de nuvens se empinando..
Vinham, inteiros, no nitrir das tardes, junto às oliveiras.
Meninos, em férias,focinhavam dálias. Eram exaltados,
amoráveis e as ervas das crinas mugiam de verdor.
As pálpebras amor baixavam. E às vezes, os cavalos
se riam, a dentuça à mostra. Coçavam-se nas ancas com
a ferrugem de sediciosas vespas.
Eternos, quando saltam. Ou descarregam rolos de ares
bêbados. Todo galope é um pássaro.
Estão enferrujados
Estão enferrujados
o ferro e a solidão,
o jugo com sua casa,
o medo e a noite vasta,
porém o sonho não.
Estão enferrujadas
a morte e a sua aljava,
a faca sob a toca,
porém, o braço não:
quando se ergue, corta.
(do livro 0 Campeador e o vento, 1966)
O que é do homem
O que é do homem
ninguém lhe tira.
O rosto gume
dentro do gesto.
Ninguém lhe tira.
O gesto exato
dentro da morte.
Ninguém lhe tira.
A morte sempre
na noite funda
e o viço aceso
de sua luta.
(do livro 0 Campeador e o vento, 1966)
Claridade
O barulho de existir:
um cão
dentro de mim.
Atravesso
como a um pátio
o barulho de existir.
(do livro Arvore do mundo, 1977)
Sabedoria
Nossa sabedoria é a dos rios.
Não temos outra.
Persistir. Ir com os rios,
onda a onda.
Os peixes cruzarão nossos rostos vazios.
Intactos passaremos sob a correnteza
feita por nós e o nosso desespero.
Passaremos límpidos.
E nos moveremos,
rio dentro do rio,
corpo dentro do corpo,
como antigos veleiros.
(do livro Arvore do mundo, 1977)
Ritual
Sabias que as minhas roupas
conservavam a epiderme
de meu sonho
e estavam ali,
não viajavam comigo,
estavam ali,
guardiãs da primavera
na gaveta
de um retorno pródigo
ao pai inconsolável.
Sabias, filho,
e conversavas longamente
com as roupas,
conversavas entardeceres muitos
com minha longa ausência.
Havia rumor nelas:
peixes num aquário
de flanela e linho.
Um subterrâneo ritmo
as removia.
O mundo vegetal e animal
eram rabiscos
no embaralhar
ocioso das sombras.
O que procuravas
entre as roupas:
algum amor banido,
a lágrima, o instinto
de me sobreviver?
(do livro Os Viventes, 1979)
A nuvem das sementes
Os meus poemas, sei, serão errantes,
como fui, quando vivo
e terão rosto, a matrícula
de nascimento, a lisa,
aventurosa juventude
dos meus dias felizes.
E seguirão no pó, ou entre
os cereais, que meu povo cultiva,
no cesto de avelãs, ou com o pão
ardente e fresco. Acompanharão
os solitários na sacola
de auroras, irão com os
que se amam. Porejantes
no trabalho, com o ferreiro,
no descanso da fábrica,
ou com a moça espojada
sobre a grama, por entre
os cinamomos. Quero
os meus poemas, junto
aos que sofrem ou tentam
respirar a nova vida
do homem. E sejam sal
e não serão pisados.
Salvo se em parreiras forem,
uvas no lagar dos países.
Mas não quero divisas ou pedágios,
para a sua entrada, entre
os que vivem. E levados
pelo espírito, libertos
sejam na palavra.
E até de mim, que os trouxe
para a escrita. Pois foram
se escrevendo com esta tinta
das coisas infinitas.
E não cabem nas tíbias
bibliotecas, se não forem
trilhados com ardor
de quem os leia na vereda
secreta da centelha,
ou do peixe na água.
E falem da minha intimidade
com a nuvem das sementes.
E que me sobrevivam.
(do livro Os Viventes, 1979)
De longo curso
Para Elza
Minha alma descansa
na tua alma,
onde a luz jamais
desativada:
é um navio de longo
curso pela água.
Redonda a luz e nós
atracamos na foz
com o fundo calmo.
Em mim te almas
E te amando, eu almo.
(do livro A espuma do fogo, 2oo2)
Página publicada em dezembro de 2008; página ampliada em setembro de 2019
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